Cairo, tra la Città dei vivi e Città dei morti
Ci sono luoghi nel mondo unici, dove gli usi e i costumi, le regole, le leggi sono emozionali, tradotte dal popolo, dove si vive in una giungla arbitraria, dove vige la regola della sopravvivenza, dove c’è fuga, tensione, gioia, risate chiassose, sofferenza, furbizia;
la città risulta divina.
Le persone sono ricche di vene dove il sangue scorre in maniera rapida e pasante , riempiendo di colore la pelle e dando vitalità agli occhi, ai visi curiosi ed intelligenti.
Un urlo alla passione, un sospiro tra la vita e la morte, un battito di energia per salvarsi.
Quando si entra in questa città sembra di trovarsi in uno di quei disegni pixellati che compongono un’immagine tridimensionale non ancora conosciuta.
Il quadro è confuso, con tanti piccoli segni modulari, diversi, irriconoscibili, ti senti avvolto da un’ atmosfera estraniante, cerchi di scoprire qualche antico mistero.
Dopo un po’ cambi lo sguardo, ti immergi nel caos di urla, di suoni, di profumi e appare finalmente l’immagine celata, un meraviglioso viso dai tratti ben incisi, visibile da ogni prospettiva, appare la città, il Cairo.
La confusione diviene logica segue un codice predefinito, un codice selvaggio, ben filtrato dal tempo, ma stabiliti in modo spontaneo, in modo necessario dalla popolazione egiziana.